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Perché le azioni non statunitensi potrebbero riconquistare la leadership di mercato

In questa edizione di Strategist Corner, Rob Almeida, Global Investment Strategist di MFS, riflette sulla possibilità che gli investitori stiano privilegiando i fattori tecnici a scapito dei fondamentali.

AUTORE

Robert M. Almeida, Jr.
Portfolio Manager e Global Investment Strategist

In breve

  • Correlazione e causalità sono due cose distinte.
  • La liquidità non è scalabile.
  • La volatilità è il mercato che modifica le proprie ipotesi.

Due delle obiezioni che mi vengono mosse rispetto alla tesi secondo cui le azioni non statunitensi supereranno quelle statunitensi nei prossimi anni sono: 1) l’eccezionalismo economico degli Stati Uniti e 2) l’enorme afflusso di capitali nelle strategie di investimento passive degli Stati Uniti. La prima è fondata, mentre la seconda, a mio avviso, non lo è. Cosa ancor più importante, gli investitori potrebbero focalizzarsi sui fattori tecnici a scapito dei fondamentali.

Correlazione e causalità sono due cose distinte

Gli Stati Uniti crescono a un ritmo più rapido rispetto al resto del mondo. Nel mio recente articolo intitolato “Un nuovo ciclo del capitale alimenta l’eccezionalità statunitense”, parlo di come le immobilizzazioni tangibili negli Stati Uniti stiano finalmente cominciando a risalire la china. Questa spesa sta trainando l’attività economica, la velocità della moneta e le pressioni sui prezzi in un momento in cui molti mercati sviluppati vanno incontro a prospettive di crescita deboli.

Dunque pur concordando sul fatto che le prospettive di crescita dei mercati sviluppati potrebbero risultare inferiori a quelle degli Stati Uniti, è importante tenere a mente che il prodotto interno lordo e i rendimenti dei mercati azionari sono due cose diverse. Il PIL è un flusso. Misura quanto capitale è stato allocato in passato e dove, non la ricchezza degli azionisti. Il PIL è importante e la sua direzione presenta spesso una correlazione positiva con i rendimenti azionari, ma correlazione e causalità sono due cose distinte. Ad esempio, gli investitori che negli ultimi vent’anni hanno inseguito le azioni dei mercati emergenti (in virtù della crescita economica superiore a quella dei mercati sviluppati) hanno imparato questa lezione sulla propria pelle.

Di fatto, i prezzi delle azioni rappresentano il valore attuale di una stima ponderata per la probabilità degli utili futuri – indipendentemente dalla regione del mondo in cui vengono generati – più il valore di liquidazione di asset quali immobili, impianti, attrezzature e proprietà intellettuale. Ciò che influisce sui rendimenti azionari è quindi la valutazione, ovvero quanto paga un investitore per avere diritto agli utili futuri, argomento su cui tornerò a breve.

La liquidità non è scalabile

Internet 2.0 comincia all’inizio degli anni 2000, quando la tecnologia passa da semplici siti web a interazione limitata ad applicazioni sempre più dinamiche alimentate dagli avanzamenti dei software e del cloud computing. In linea con quanto accaduto in altri periodi storici di innovazione, il bottino finanziario è andato a quella ristretta cerchia di aziende che si sono accaparrate enormi bacini di utili. Intorno al 2015-2020, gli effetti di rete creati da queste aziende hanno dato vita a una dinamica del “vincitore che prende tutto”, che ha innescato una nuova fase di concentrazione dei profitti negli Stati Uniti e, successivamente, una fase di concentrazione dei benchmark.

Arriva l’intelligenza artificiale. Come in passato, le aspettative degli investitori sulla concentrazione degli utili sono salite alle stelle (come illustrato nella Figura 1).

È importante per capire perché le azioni non statunitensi potrebbero superare quelle statunitensi? Moltissimo, a mio avviso.

La linea verde rappresenta la crescita dell’utile netto dei restanti titoli dell’S&P 500 dopo aver eliminato le 5 aziende IA (AI5) e la linea azzurra rappresenta l’MSCI EAFE. Sebbene gli Stati Uniti abbiano superato l’MSCI EAFE, il divario valutativo è molto ampio (come illustrato nella Figura 2 in basso). Credo che uno dei motivi di ciò sia il fatto che la liquidità non è scalabile.

Ogni dollaro in più che entra nel mercato azionario attraverso veicoli passivi ha un effetto trascurabile sui titoli altamente liquidi, in particolare sulle mega cap, ma così non è per molti dei titoli meno liquidi dell’S&P 495, e ciò ha comportato una maggiore elasticità dei prezzi in ragione dell’enorme domanda.

Come ci hanno insegnato alla prima lezione di economia, quando la domanda supera l’offerta, il meccanismo di aggiustamento è l’aumento dei prezzi. Tutte le famiglie lo hanno sperimentato in prima persona con la carta igienica e altri beni durante i primi mesi di lockdown dovuti al Covid. A questi titoli è successo qualcosa di simile: la domanda eccessiva da parte dei veicoli passivi ha travolto i loro profili di liquidità.

Sorge dunque una domanda: quale sarà l’elemento in grado di bloccare o invertire l’afflusso di fondi verso i veicoli passivi statunitensi? La storia insegna che la risposta è la seguente: una variazione nelle aspettative di rendimento delle società a maggiore capitalizzazione dell’indice.

La volatilità è il mercato che modifica le proprie ipotesi

A differenza di Internet 2.0, in cui gli effetti di rete hanno incanalato gran parte dei profitti verso una manciata di aziende, il lancio di DeepSeek ha dimostrato che i modelli fondativi sono più simili ai produttori di materie prime che non agli oligopoli dotati di economie di scala. Il rischio per l’S&P 500, e più segnatamente per i 5 titoli IA, è che il mercato giunga a questa conclusione e li rivaluti di conseguenza.

Allo stesso tempo, nel corso della storia la tecnologia ha avuto un ruolo prevalentemente deflazionistico perché ha eliminato i colli di bottiglia e ha spostato i luoghi in cui veniva catturato il valore economico. Ad esempio, l’adozione in massa della stampa ha facilitato la diffusione su larga scala delle informazioni. Il valore economico si è spostato dai documenti scritti a mano, particolarmente laboriosi in termini di tempo, a mercati di riferimento nuovi e più ampi, come i libri prodotti in serie, i giornali e altro ancora. Naturalmente, negli ultimi 30 anni Internet ha spostato nuovamente il valore economico.

È un aspetto importante anche relativamente all’IA, perché, che diventi o meno una commodity, questa tecnologia rimuove il collo di bottiglia della creazione e della verifica ed è in grado di spostare enormi bacini di profitto. Ciò avrà probabilmente enormi implicazioni in termini di performance azionarie future delle aziende che cedono quote di profitto e di quelle che ne guadagnano di nuove. Per quanto riguarda queste ultime, abbiamo già la riprova di ciò nell’andamento di alcuni fornitori di soluzioni e aziende di software, come le società che offrono database e applicazioni. Ad attirare l’attenzione del mercato sono i prodotti con funzioni di intelligenza artificiale che migliorano i flussi di lavoro dei clienti, approfondiscono l’integrazione dei processi business-to-business e ampliano e migliorano le esperienze degli utenti.

Conclusioni

Come accaduto in altri periodi storici, è probabile che solo una manciata di nuovi leader di mercato riuscirà ad accaparrarsi la fetta più grande della torta. Il mercato azionario ha assegnato esiti oligopolistici, se non monopolistici, a un ristretto gruppo di operatori. Questo malgrado il calo delle aspettative di utile e il timore che i modelli fondativi si stiano dimostrando più simili di quanto si pensasse. La tecnologia dà e la tecnologia toglie, il che può sconvolgere i mercati finanziari quando le ipotesi precedenti si rivelano errate.

Quando il mercato comincerà a scontare il futuro che ho appena descritto, potremmo assistere a flussi di performance notevolmente diversi rispetto agli ultimi 10 anni, allorché le strategie passive cederanno il timone della performance ai gestori sottoesposti ai titoli che perderanno il loro status di oligopolio.

Il secondo corollario di ciò sarà probabilmente lo spostamento degli investitori, come avviene di solito, verso strategie che storicamente hanno affrontato meglio questa transizione, portando gli approcci passivi a cedere quote ai gestori attivi. A mio avviso, la conseguenza sarà che i veicoli passivi con politiche di trading sistematico eserciteranno pressioni al ribasso sui prezzi dei titoli meno liquidi dei benchmark, invertendo le dinamiche registrate durante la fase ascendente. Ciò dovrebbe riequilibrare la disparità valutativa illustrata in precedenza e contribuire alla sovraperformance delle azioni non statunitensi.

 

 

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