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Un modo semplice per pensare ai dazi

Data la complessità delle catene di approvvigionamento, sarà difficile valutare l'impatto dei dazi. Cercare di capire quali imprese saranno in grado di assorbire i dazi e quali no potrebbe essere una linea d'azione più proficua. L'attuale contesto sta dando origine a un cambio di paradigma per quanto riguarda il valore dei portafogli discrezionali basati su un approccio fondamentale?

AUTORE

Robert M. Almeida
Portfolio Manager e Global Investment Strategist

In breve

  • Investire è semplice, ma anche difficile
  • A chi spetta pagare? Al consumatore oppure al produttore?
  • Le aziende con scarsa concorrenza offrono protezione

Il fascino suscitato sui produttori dei mercati sviluppati dai margini più elevati resi possibili dalla produzione a basso costo in paesi distanti ha alimentato un periodo pluridecennale di globalizzazione. Il risultato, ovviamente, è una vasta rete di catene di approvvigionamento altamente integrata, la cui complessità, a mio avviso, è stata riconosciuta solo da poco dagli operatori di mercato. 

Prendiamo ad esempio un semplice paio di jeans. Benché alcuni produttori statunitensi si riforniscano di cotone a livello locale, la maggior parte del denim proviene da Cina, India e Pakistan. Per alcuni pantaloni di alta qualità, i materiali arrivano da Zimbabwe, Turchia ed Egitto. Gran parte della tintura viene eseguita in Cina e in Germania, mentre le cerniere sono importate dal Giappone. Questa è solo una parte del processo, ma credo di aver reso l’idea. 

Investire è semplice, ma anche difficile

Facciamo un passo indietro e ricordiamoci che investire è semplice, ma anche difficile. È semplice, perché la gamma dei cash flow potenziali di un’azienda determina sia il prezzo che la volatilità delle sue azioni. La difficoltà sta nel fatto che il futuro è incerto e le ipotesi sui profitti cambiano, a volte radicalmente, all’emergere di nuove informazioni.

Nelle ultime settimane, la combinazione di dazi e incertezza sulle misure politiche, insieme alla crescente presa di coscienza della complessità delle catene di approvvigionamento globali, ha sollevato dubbi sui profitti futuri e fatto aumentare la volatilità. 

Esiste un modo semplice per pensare a questo fattore di rischio?

A chi spetta pagare? Al consumatore oppure al produttore?

La parola “tariff”, che in inglese significa dazio, deriva da un termine arabo che significa ”notificazione” e che veniva utilizzato in riferimento ai dazi doganali circa 1.000 anni fa. Considerate queste misure semplicemente come una tassa o un pedaggio. 

Gli investitori e i commentatori di mercato che dibattono sui possibili risultati economici farebbero meglio a preoccuparsi dei risultati finanziari. Qualcuno deve farsi carico dell’onere di questa nuova tassa. Poiché i prezzi delle azioni derivano dall’andamento degli utili, l’unica domanda che conta davvero dal punto di vista degli investimenti è: chi paga questa tassa, il consumatore o il produttore?

I produttori di beni la cui domanda è caratterizzata da una bassa elasticità possono trasferire le pressioni sui prezzi ai loro clienti. Le ragioni dell’anelasticità vanno ricercate nella limitata disponibilità di sostituti e nella qualità superiore. Qualunque sia la ragione, questo vantaggio competitivo consente al produttore di trasferire il dazio ai suoi clienti. In questo scenario, è il consumatore a farsi carico dell’onere, il che genera inflazione (e danni alla crescita), poiché ci sono meno risorse a disposizione. 

Al contrario, nel caso di beni caratterizzati da un prezzo elastico per via della presenza di validi sostituti, l’onere aggiuntivo in termini di costi grava sul produttore, comprimendone i margini. 

Benché i mercati finanziari scontino sempre più l’impatto dei dazi sulle aziende, è probabile che ci siano altre variabili in gioco. Penso che la realtà sarà una combinazione di entrambi gli scenari: i clienti pagheranno la tassa sulle cose di cui non possono fare a meno, mentre i produttori di beni sostituibili deluderanno gli investitori per via della debolezza dei loro profitti. 

Come possiamo considerare questo aspetto dal punto di vista della costruzione dei portafogli?

Le aziende con scarsa concorrenza offrono protezione

Poiché viviamo in un mondo capitalista, in cui gli imprenditori puntano a generare profitti e sono sempre alla ricerca di innovazioni dirompenti, le aziende con profili di profitto superiori alla media ma anche stabili offrono qualcosa che gli altri non possono offrire. Le elevate barriere all’ingresso, qualunque esse siano, mantengono bassa la concorrenza e alti i margini di profitto. Abbiamo sempre ritenuto, ad esempio, che le aziende di strumenti e apparecchiature che forniscono i loro prodotti alle imprese del settore delle scienze della vita incarnino queste caratteristiche. 

Queste attrezzature rappresentano le “pale e i picconi” delle scienze della vita e le società che li commercializzano si sono storicamente distinte come le migliori nel settore sanitario. Vendono strumentazioni, materiali di consumo correlati, servizi e altri prodotti ad aziende farmaceutiche e biotecnologiche, ospedali, laboratori, università e governi. I loro strumenti misurano, separano, purificano, quantificano e diagnosticano. Sono fondamentali per una serie di progetti, come lo sviluppo di farmaci, gli studi clinici, la bioproduzione e molti altri. 

Più semplicemente, il loro modello di business è simile a quello “rasoio/lametta”: vendono uno strumento con una vita utile di 5-10 anni che richiede l’acquisto ripetuto di materiali di consumo e contratti di assistenza. Si tratta di attività a ciclo lungo, poiché l’immissione sul mercato di una terapia o di un farmaco richiede generalmente un processo pluriennale. I loro clienti, particolarmente attenti alla qualità, sono disposti a pagare un prezzo più alto a garanzia della qualità e dell’affidabilità di strumenti che hanno un costo relativamente modesto rispetto all’ingente spesa legata all’intera attività. 

Sebbene queste aziende abbiano anch’esse catene di approvvigionamento globali complesse e anche se i loro costi aumenteranno a causa della guerra dei dazi, la criticità dei prodotti che offrono, unita alla fiducia che i clienti vi ripongono, può proteggerle dal rischio di sostituzione, a differenza di altri settori. 

Lo stesso si può dire delle aziende di apparecchiature elettriche che producono componenti utilizzati in ampi mercati finali industriali come le infrastrutture per l’intelligenza artificiale, la trasmissione di energia ed elettricità, i veicoli elettrici e altri settori interessati da una crescita strutturale. Per questi clienti di grandi dimensioni e con ampie disponibilità, il rischio di sostituire un prodotto più economico per risparmiare qualche dollaro spesso non vale il rischio relazionale.

Conclusioni

Anche se non conosciamo l’esatta citazione di Socrate sulla sapienza, mi è sempre piaciuta la versione che recita: “Tutto ciò che so è di non sapere nulla, e forse non so nemmeno quello.” Anche se conoscessimo il livello preciso dei dazi, la complessità delle catene di approvvigionamento rende difficile, se non impossibile, cercare di valutare gli effetti a valle sull’economia. Perlomeno ritengo che questo sia ciò che penserebbe Socrate e, se così fosse, sarei d’accordo. 

Concentriamo piuttosto le nostre energie nel capire quali imprese saranno in grado di assorbire i dazi e quali no. È infatti questo che determinerà l’andamento delle azioni, e non è forse ciò che noi, in quanto fiduciari, siamo pagati per fare? Ritengo che l’attuale contesto comporterà un cambio di paradigma per quanto riguarda il valore dei portafogli discrezionali basati su un approccio fondamentale.

 

Le opinioni espresse sono quelle del o degli autori e sono soggette a modifi ca in qualsiasi momento. Tali opinioni sono fornite a mero scopo informativo e non devono essere considerate una raccomandazione sulla quale basare l’acquisto di titoli né una sollecitazione o una consulenza d’investimento. Non vi è alcuna garanzia che le previsioni si avverino. I rendimenti passati non sono una garanzia dei risultati futuri.

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