
aprile 2025
Gli Stati Uniti annunciano dazi reciproci
Market Insights sull’annuncio dei dazi reciproci imposti dagli Stati Uniti.
Team Market Insights di MFS
Il 2 aprile l’amministrazione Trump ha annunciato un lungo elenco di dazi reciproci che entreranno in vigore nel corso della prossima settimana.
L’annuncio sembra collocarsi sulla fascia superiore (ossia lo scenario peggiore) alle aspettative del mercato in termini di entità dei dazi imposti ai partner commerciali. Alcuni paesi, soprattutto asiatici, tra cui Cina (54%), Vietnam (46%), Taiwan (32%), India (26%), Corea del Sud (25%) e Giappone (24%), saranno ora soggetti in particolare a elevati dazi doganali. Anche i paesi europei vengono duramente colpiti, con aliquote che nel caso di Germania, Francia e Italia raggiungono il 20%. Al Messico e al Canada, esentati da quest’ultima ondata di dazi, è stato riservato un trattamento migliore. Subito dopo l’annuncio degli Stati Uniti, diversi paesi hanno dichiarato che prenderanno contromisure, facendo così aumentare il rischio di un’escalation della guerra commerciale. In parallelo, tuttavia, è probabile che molti paesi, a cominciare da quelli dotati di un possibile margine di manovra su questo fronte, avvieranno negoziati tesi ad abbassare l’onere tariffario finale.
Per quanto riguarda i prodotti, i dazi reciproci non colpiscono i beni già soggetti a dazi settoriali, come auto, acciaio e alluminio. Ma l’amministrazione ha segnalato anche che potrebbero essere annunciati dazi su alcuni settori, tra cui minerali, semiconduttori e prodotti farmaceutici. In base alle ultime stime, l’aliquota tariffaria effettiva sulle importazioni statunitensi salirà nel complesso a circa il 23%, il livello più alto da oltre un secolo.
Quali sono gli obiettivi del Presidente Trump?
Prima di annunciare i dazi, l’amministrazione Trump aveva identificato una serie di obiettivi da conseguire mediante il nuovo paradigma di politica commerciale degli Stati Uniti. Primo fra tutti la reindustrializzazione dell’economia, un problema che per il Presidente Trump attiene alla sfera della sicurezza nazionale. La nuova politica commerciale, a suo avviso, stimolerà gli investimenti e l’occupazione negli Stati Uniti e renderà il paese meno vulnerabile alle interruzioni delle catene di approvvigionamento globali. Inoltre, il Presidente intende contrastare quelle che ritiene essere prassi commerciali sleali adottate dai paesi che impongono sulle merci statunitensi dazi più alti di quelli che gli Stati Uniti impongono sulle loro importazioni. L’amministrazione ha voluto colpire anche le barriere non tariffarie e le imposte sul valore aggiunto, che a suo avviso penalizzano gli esportatori statunitensi. I paesi con una fiscalità d’impresa particolarmente favorevole, come l’Irlanda, potrebbero finire nuovamente nel mirino se in futuro la Casa Bianca dovesse decidere di introdurre dazi settoriali su articoli come i prodotti farmaceutici. Infine, l’amministrazione prevede che il gettito derivante dai dazi andrà a rimpinguare in maniera significativa le entrate federali.
A livello macro i dazi possono avere un impatto molto serio.
Se attuati per un periodo di tempo sufficientemente lungo, potrebbero agire alla stregua di uno shock stagflazionistico sull’economia statunitense, incidendo negativamente sulla crescita e sull’inflazione. Le stime attuali parlano di un freno alla crescita economica di circa l’1% e di una spinta all’inflazione di circa lo 0,5%. Poiché i dazi sono una tassa sui consumatori, si prevede un impatto diretto sulla domanda interna. Al di fuori degli Stati Uniti, l’impatto sulla crescita dovrebbe rivelarsi ben più grave sia in Canada che in Messico, poiché una parte sostanziale delle esportazioni totali di questi due paesi (rispettivamente il 77% e l’83%) si dirige verso gli Stati Uniti. In ultima istanza, riteniamo vi siano rischi sostanziali per le prospettive di crescita globale se la questione dei dazi dovesse degenerare in una vera e propria guerra commerciale.
L’impatto dei dazi potrebbe essere dannoso per l’economia statunitense.
Dato che i dazi agiscono come un’imposta sui consumi, è probabile che lo shock macroeconomico danneggi soprattutto il consumatore statunitense, con importanti ripercussioni sulle prospettive di crescita. L’economia statunitense è già interessata da un lieve rallentamento, e l’ulteriore shock fa salire notevolmente le probabilità di una recessione il prossimo anno. Nelle ultime settimane si è già registrato un pronunciato deterioramento dei dati provenienti dai sondaggi e di quelli relativi alla fiducia. Prevediamo che l’effetto comincerà a farsi sentire sui dati macroeconomici solo tra un paio di mesi, incidendo principalmente sulla crescita nel secondo trimestre e oltre. Oltre ai consumi, sarà importante monitorare la redditività delle imprese. Le aspettative per la crescita dovranno essere riviste sostanzialmente al ribasso non solo negli Stati Uniti ma in tutto il mondo. È probabile che i paesi presi di mira valutino la possibilità di attuare misure compensative. Ad esempio, il governo cinese aveva già varato provvedimenti atti a sostenere l’economia locale. Gli ultimi sviluppi accrescono notevolmente la probabilità di un ulteriore allentamento delle politiche sia monetarie che fiscali. Le banche centrali dotate di un sufficiente margine di manovra potrebbero propendere per un orientamento espansivo al fine di alleviare lo shock sulla crescita. Nel complesso, va detto che la volatilità macro e l’incertezza sulle misure politiche sono destinate a rimanere molto elevate nell’immediato.
Nel breve termine, la reazione dei mercati tenderà plausibilmente ad aggravare l’avversione al rischio.
In ambito obbligazionario,ci aspettiamo la tipica reazione di avversione al rischio, con tassi più bassi e spread più ampi, anche se bisogna notare che prima dell’annuncio dei dazi gli spread investment grade avevano mostrato una capacità di tenuta relativamente buona, quindi sarà interessante vedere se l’allargamento degli spread accelererà in risposta ai dazi. Di recente, la reazione del mercato è stata più marcata per gli spread high yield, ma riteniamo probabile un ulteriore ampliamento. Per quanto riguarda la duration, forse è troppo presto per innalzare il grado di convinzione sulla posizione di duration lunga negli Stati Uniti, dato che i rendimenti dei Treasury USA sono già scesi bruscamente verso il 4%. L’opportunità di una posizione lunga di duration sembra essere più solida nei mercati non statunitensi, Europa compresa. Sul versante azionario, gli ultimi dazi annunciati potrebbero danneggiare l’attrattiva del mercato azionario statunitense in misura nettamente maggiore rispetto ai listini di altri paesi. Questo potrebbe quindi rafforzare la tesi a favore di un proseguimento della rotazione globale. In termini di allocazioni settoriali, riteniamo che i settori ciclici e a quelli ad alto beta saranno probabilmente i più colpiti visti i maggiori rischi di recessione inglobati nei prezzi. Per concludere, sul fronte valutario non siamo più dell’idea che l’aumento dei dazi avvantaggerà il dollaro USA, a causa della potenziale gravità dello shock macro sull’economia statunitense. Alla luce di ciò, il nostro team d’investimento continua a essere ottimista nei confronti dell’euro.
Esiste una via d’uscita futura?
Il presidente Trump potrebbe fare marcia indietro sui dazi qualora lo shock sulla crescita degli Stati Uniti si rivelasse troppo oneroso, soprattutto per i consumatori. Nell’ambito della cosiddetta “Trump put”, l’amministrazione potrebbe cercare di accelerare l’attuazione delle misure più favorevoli alla crescita, come i tagli fiscali e la deregolamentazione. Anche la Federal Reserve potrebbe rispondere con ulteriori riduzioni dei tassi, ma solo quando ci saranno prove tangibili di un danno macro sufficiente. In altre parole, riteniamo che la “Trump put” abbia più probabilità di venire esercitata per prima rispetto alla “Fed put”. Qualsiasi segnale di ammorbidimento delle misure politiche, soprattutto in presenza di un pacchetto di sostegno sufficientemente ampio, potrebbe in ultima analisi riuscire a ripristinare la fiducia degli investitori.
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