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I mercati salutano l'idea di un minor ruolo del governo

Gli investitori accolgono con favore la deregolamentazione promossa dall'amministrazione Trump 2.0. Il governo degli Stati Uniti ha esercitato un'influenza dominante sui mercati finanziari durante le ultime tre amministrazioni. Come potrebbero comportarsi i mercati azionari con un minor ruolo del governo?

Autore

Robert M. Almeida, Jr.
Portfolio Manager e Global Investment Strategist

In breve

  • Gli investitori accolgono con favore la deregolamentazione promossa dall'amministrazione Trump 2.0
  • Il governo degli Stati Uniti ha esercitato un'influenza dominante sui mercati finanziari durante le ultime tre amministrazioni
  • Come potrebbero comportarsi i mercati azionari con un minor ruolo del governo?

I mercati apprezzano l'idea di un minor intervento pubblico

Con la migliore performance post-elettorale dell'S&P 500 da decenni a questa parte e una domanda persistente di titoli azionari nei giorni successivi, gli investitori sono entusiasti delle politiche che una seconda amministrazione Trump potrebbe mettere in atto.

Gli investitori hanno accolto con particolare favore l'enfasi posta da Trump sulla deregolamentazione e su un minor ruolo del governo federale nell'economia e nei mercati finanziari.

Il governo ha giocato storicamente un ruolo dominante

Il capitalismo si prefigge lo scopo di allocare le risorse sociali attraverso i mercati privati. Anziché affidarsi ai burocrati, i sistemi capitalistici preferiscono che sia la "saggezza delle folle" a determinare quali progetti debbano essere finanziati e dove debbano essere reperiti i capitali per dare impulso alla crescita della società.

In che misura il governo è stato coinvolto in questo processo? A partire dalla crisi finanziaria globale del 2008, in misura significativa.

La Figura 1 mostra l'andamento del rapporto debito pubblico/PIL degli Stati Uniti, che è salito dal 68% del periodo antecedente la crisi finanziaria a un livello stupefacente di quasi il 130% oggi.

La Figura 2 descrive l'espansione del bilancio della Federal Reserve in percentuale dell'economia dall'inizio del secolo. Da una media del 5% registrata prima della crisi finanziaria, è lievitato fino all'attuale 25%. Venticinque centesimi di ogni dollaro di PIL sono detenuti dalla banca centrale statunitense. In altre parole, l'offerta di moneta è cresciuta a dismisura.

Infine, le politiche di stimolo varate durante il COVID, dal CARES Act all'American Rescue Plan, hanno comportato l'immissione di oltre 5.000 miliardi di dollari nell'economia statunitense, generando un disavanzo di bilancio di entità paragonabile solo a quelli dei periodi bellici.

Per quanti si stupiscono del fatto che gli Stati Uniti abbiano evitato una recessione nell'ultimo anno o due, la spiegazione è semplice: l'atterraggio morbido che l'economia statunitense sta vivendo è stato orchestrato a un costo molto salato.

Come si sono comportati i mercati azionari in questo periodo di crescita esponenziale dell'intervento pubblico? Dall'inizio dell'amministrazione Obama alla fine di ottobre 2024, l'S&P 500 Index ha guadagnato l'839%, registrando una performance annualizzata del 15% circa.1 Durante le successive amministrazioni di Obama, Trump e Biden, i mercati azionari hanno ampiamente superato i normali profili storici di rischio e rendimento.

Attraverso le politiche monetarie e fiscali, l'intervento del governo statunitense nel settore privato ha consentito di fatto la privatizzazione della ricchezza nei periodi favorevoli e la socializzazione delle perdite in quelli sfavorevoli.

Ciò ha pregiudicato la capacità del settore privato di valutare il rischio e allocare capitali e risorse in modo efficiente sotto le amministrazioni sia democratiche che repubblicane. Cosa potrebbe dunque accadere prossimamente, con la deregolamentazione ma anche con i dazi?

Uno sguardo al futuro

Benché la maggior parte degli investitori (me compreso) sia favorevole a una minore regolamentazione e a un minore intervento pubblico nell'economia, è bene considerare il punto da cui partiamo oggi. La figura in basso, che mostra l'andamento del P/E corretto per il ciclo (CAPE) dei titoli azionari statunitensi negli ultimi 100 anni, può essere d'aiuto.

Sebbene oggi le valutazioni siano meno onerose rispetto al periodo della bolla delle dotcom degli anni '90, considerando il rendimento passato degli asset rischiosi non dovremmo stupirci più di tanto del fatto che si collochino su livelli paragonabili a quelli della fine degli anni '20 del secolo scorso. Tuttavia, con questo non intendo suggerire che si prospetti una riedizione dell'ottobre 1929 o un'altra Grande depressione, perché le differenze tra i due periodi sono troppo numerose.

Le valutazioni si assomigliano, ma da sole possono essere un segnale di investimento pericoloso. È importante che gli investitori considerino la futura evoluzione degli utili, che costituiscono il denominatore nel grafico in alto ma anche la principale determinante dei prezzi pagati dagli investitori. Il che mi conduce all'altra analogia con la fine degli anni '20: i dazi.

Nel 1929 gli investitori cominciarono a scontare nelle quotazioni i piani del Congresso repubblicano di prelevare dazi su oltre 25.000 beni in entrata negli Stati Uniti. Si tratta di un aspetto importante per gli investitori perché, se da un lato i dazi rendono i beni statunitensi più interessanti per gli acquirenti nazionali, dall'altro comportano un aumento dei costi per i produttori statunitensi che si riforniscono di beni al di fuori degli USA nonché per i consumatori. Sebbene la crisi dell'ottobre 1929 abbia avuto anche altri catalizzatori, la prospettiva dei dazi successivamente introdotti dallo Smoot-Hawley Tariff Act influì notevolmente sulle percezioni degli investitori riguardo ai profitti futuri e sui prezzi che erano disposti a pagare.

A onor del vero, già molto prima delle elezioni del 2024 si erano registrati rincari dei fattori produttivi per via dell'aumento dei costi del capitale e del lavoro. Tuttavia, le imprese erano riuscite a compensare queste pressioni trasferendo i maggiori costi sui consumatori e riducendo la spesa in aree non essenziali. Di conseguenza, i consumatori hanno cominciato a sostituire beni e servizi dove necessario, spingendo al ribasso i prezzi e l'inflazione e inducendo le aziende a tagliare ulteriormente la spesa in aree superflue. Adesso che le misure più semplici sono state attuate, proteggere i margini di profitto diventerà più complesso; ciò darà vita a un nuovo paradigma caratterizzato da una dispersione nettamente maggiore dei rendimenti all'interno dei benchmark.

In conclusione, una diminuzione dell'intervento pubblico nell'economia e nei mercati era attesa da tempo ed è ben accetta. Credo tuttavia che gli investitori debbano valutare come si ripercuote questo minor ruolo del governo sulla redditività dei progetti e delle imprese che non riuscirannoa compensare le crescenti pressioni sui costi. Di conseguenza, ritengo che un'amministrazione Trump 2.0, in particolare un minor ruolo del governo, possa scalzare il dominio degli investimenti passivi sulle performance.

Note

1 Fonte: Bloomberg, S&P 500. Rendimenti annualizzati e cumulativi calcolati sulla base di dati mensili dal 31 gennaio 2009 al 31 ottobre 2024. Rendimenti al lordo e in USD.

 

 

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